Traversata Cobardine-Fate

Le aspettative per la “gita” erano alte: traversata “bagnata” Fate-Cobardine. Le aspettative non erano le sole ad essere “alte”, ma andiamo per ordine…

 

La pianificazione dell’uscita è partita con largo anticipo. Scopo: permettere ai numerosi volenterosi di partecipare ma soprattutto preparare la logistica pre-grotta. E qui va un ringraziamento particolare ai baldi pionieri (capitanati dal Sassa, che per l’occasione si è trasformato in un teenager entusiasta) che si sono dati da fare, giorni prima, per: ripianare un simpatico buco lungo la “strada” boschiva (per risparmiarci almeno una buona mezz’ora di cammino, grazie al progresso tecnologico del 4×4 e delle ridotte), riordinare il capanno nei pressi dell’ingresso (riattivando la sorgente di acqua fresca, goduria per pelli e birre accaldate) e soprattutto svuotare il sifone iniziale d’ingresso (allagato dopo per stillicidio e piogge).

 

La mattina il folto gruppo di esploratori si è riunito sorprendentemente in orario (il “sorprendentemente” è una nota autobiografica, chiedo venia) per dirigersi, motorizzati a trazione integrale, verso il locus amoenus presidiato durante la notte da Andrea e Paolo, che hanno deciso di aprire la strada fin dalla sera prima, banchettando e “facendosi banchettare” insieme ad una pingue fauna di ragni, zecche e “cosi volanti” (tale ardimento è valso loro anche un ululato di plauso sul calar della notte).

 

Arrivati sul posto il gruppo si riunisce e, ad una rapida conta, i coraggiosi del giorno sono: la coppia di temerari Andrea e Paolo, la new entry (del gruppo, non certo del mondo ipogeo) Francesca, l’inarrestabile Nanni (che ha superato i passaggi più improbabili pur con le ridotte che non ne volevano sapere di entrare… maledetta elettronica automobilistica!), la prode e sempre adamantina Elena (che comincia ad infondere una certa serenità a tranquillità a tutto il gruppo… senza fare nomi, Licia, starà mica facendo il passaggio di consegne?) il sottoscritto (miracolosamente sopravvissuto, contro ogni aspettativa, dopo aver osato un “amore, stamattina vado in grotta”, recitato nella cocente domenica di fine giugno), Sergio e Federica in trasferta dalla calda terra parmense ed il buon Antonio, amico del gruppo versiliese ed unico altro mio “compagno di calzoncini corti” (sempre preceduto nella progressione, svariati metri prima del suo arrivo, dal suo sorriso che contribuiva a riflettere la luce dei frontali!).

 

A proposito di calzoncini corti, appena scesi dai veicoli ci siamo subito resi conto che oltre alle aspettative, ad essere molto alte erano anche le distese erbose del sottobosco, il ché ha reso la mezz’oretta buona di avvicinamento molto “interessante” (eufemisticamente parlando)!

Ma non saranno 2 fili d’erba a fermare il gruppo di speleo duri e puri, quindi ci incamminiamo per la “lunga marcia” fino al capanno per il campo base (col gradito aiuto di bastoncini e spray anti-zecche)!

Arrivati al capanno troviamo Paolo ad aspettarci (Andrea si è invece gentilmente prodigato per venirci a prendere alle macchine e farci strada nel bosco), lasciamo gli zaini con le nostre cose e portiamo con noi solo l’attrezzatura e tute per la grotta: ci aspetta almeno altrettanta strada (sempre gradevolmente nel fitto del bosco) fino all’ingresso tanto agognato!

 

Prima di entrare un’altra breve sosta per finire di vestirci (l’avvicinamento con muta integrale, per lo più da 5mm, non sarebbe stato molto simpatico!) e lubrificare meglio le mute di ognuno a suon di imprecazioni e contorsionismi… e dulcis in fundo, dopo improbabili scambi di mute, rimorsi per chi ha scelto appena 3mm di neoprene (senza fare nomi, il sottoscritto!) e scalpitii vari del gruppo di testa (il teenager Andrea in prima linea)… ingresso fu!

 

Il sifone iniziale è scomparso (grazie alla provvida opera di Andrea e Paolo del giorno prima) e la prima parte di grotta prosegue comoda e financo vagamente pulita. Ma l’emozione “bagnata” non tarda ad arrivare: appena superato un piccolo saltino su corda (con tanto di scaletta “vintage” ancora montata sull’armo, che fa molto romantic-retro) al salto successivo si atterra… coi piedi nel fiume sotterraneo!!!

 

La portata era discreta, nonostante la stagione secca, ma inizialmente il livello era abbastanza basso da renderlo agevolmente percorribile (fortuna che tutti avevamo i calzari della muta sotto gli scarponi, altrimenti: addio piedini!!). Andrea, Elena e il sottoscritto ci gettiamo “di testa” (allegoricamente parlando) e risaliamo subito un piccolo tratto di fiume per ammirare un suggestivo laghetto sifone.

 

Dopo un breve bagno nel “fresco” sifone, torniamo indietro e ci riuniamo al gruppo per iniziare la discesa lungo il corso d’acqua: l’emozione è grande, soprattutto perché la grotta prosegue in uno spettacolo suggestivo di meandri, cascate e laghetti sifonati che ci regalano un sorriso dopo l’altro!

 

Tra passaggi stretti, piccoli tratti in galleggiamento, risate e qualcuno a cui piace cantare la colonna sonora dei pirati dei caraibi (tutta quell’acqua ci ha fatto sperare in un tesoro nascosto dei pirati… ma poi ci siamo ricordati che i filibustieri dei tempi andati non erano particolarmente famosi per le loro abilità speleologiche!) si iniziano a vedere i grandi tubi di alimentazione dell’acquedotto. Loro saranno il nostro filo di Arianna fino all’uscita… anche se ai tubi serve decisamente meno spazio per passare, mentre noi in alcuni passaggi facciamo un po’ di fatica! (cit.: “qui passate veloci, altrimenti tappate l’ingresso, il passaggio di riempie d’acqua e…” ed il finale della rincuorante citazione potete facilmente immaginarlo!)

 

Ma presto freddo e fatica scompaiono per lasciare spazio a stupore e meraviglia… appena girato l’angolo di una piccola cascata, quasi a voler nascondere la sua maestosa bellezza, d’improvviso appare ciò che sarebbe valso altre cento traversate come quella: un immenso salone, talmente bello da far sgranare gli occhi!

Sotto il corso della sua titanica volta (tanto alta che anche i nostri spot led a 1800 lumen fanno fatica a palesare nella sua interezza), scorre il fiume sotterraneo, che per l’occasione si lancia in una vorticosa danza giù per cascate e curve tortuose, prima di fluire placido in un laghetto che ci regala una nuotata sotterranea ai margini della sua piccola spiaggia.

Foto, gioia e tante concrezioni affascinanti (tra cui il “martello di Thor”).

 

Purtroppo la gita è finita ed è già tempo di risalire.

All’uscita ci aspetta il “cancello magico”: una grata di ferro arrugginito con lo strabiliante potere di bloccare l’aria calda che entra dall’esterno! (ne suggerisco lo studio per un paper di fisica applicata… o anche di stregoneria!)

 

Raccolto armi (da grotta, s’intende!) e bagagli, si ritorna al campo base e poi a casa… non prima di aver adeguatamente festeggiato l’impresa con la rituale birra (credits to: Nanni!) e non senza un altro straordinario ricordo da portare con sé!

Nico.

 

 

 

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